La spontaneità si apprende, ‘basta’ seguire due principi.

In una recente conferenza sull’autocritica ho fatto una dimostrazione in pubblico con una volontaria, la quale ha lavorato con il suo critico interiore.

L’ho accompagnata in un processo dove dapprima si è ribellata ad esso, poi è riuscita ad allearsi, fino a trovare una mediazione ed una collaborazione con questo suo giudice interiore.

Alla fine del lavoro la volontaria era soddisfatta, il pubblico commentava positivamente, ma, ad un certo punto, una signora dice “una cosa mi lascia perplessa, ma in tutto questo che fine fa la spontaneità?”.

A tutti noi piace osservare il primo ballerino della Scala, Maradona che con un semplice calcio infila la palla all’incrocio dei pali, il discorso di Martin Luther King, un bambino che corre felice nel prato, eppure la bellissima spontaneità avviene alla fine di un lungo processo di apprendimento: perfino un fiore che sboccia è frutto di una selezione naturale durata anni.

Spesso concediamo l’imperfezione solo ad un bambino che cade imparando a camminare, o al piccolo Bambi che scivola goffo sul ghiaccio. Quando invece abbiamo un aspetto di noi stessi che non ci piace possiamo accettarlo (ottima scelta), comprenderlo (benissimo), essere consapevole dei vari aspetti (stupendo), aspettare che passi spontaneamente… e su quest’ultimo punto, auguri!

Premesso che un principio fondamentale della salute, sia fisica che mentale, è una capacità di autoguarigione formidabile e che intervenire prematuramente o con le soluzioni sbagliate peggiora il problema, nel libro “Come diventare il N.1” si spiega in più di 200 pagine come alla fine il principio stia tutto nell’allenamento.

Per questo anche i fuoriclasse si arrabbiano quando gli si dice “si, ma tu sei baciato da un talento formidabile”, rispondendo “guarda che anche io mi faccio un mazzo così tutti i giorni”.

Il secondo principio su cui insiste questo libro è l’importanza di avere un mentore, un allenatore, un tutor che ti dia dei feedback constanti durante l’apprendimento.

Tutto qua: ripetizione, ripetizione, e guida: il risultato finale è la competenza inconscia, cioè la capacità di eseguire un compito – qualunque esso sia – in maniera non solo spontanea ma inconscia.

E’ l’ultimo dei quattro stadi dell’apprendimento, che partono dall’inconsapevolezza del non sapere sino ad arrivare agli automatismi ed alla competenza inconscia.

Così come un fisioterapista ti aiuta facendoti ripetere gli esercizi, anche uno psicoterapeuta ti aiuta nel processo di analisi prima e di ricostruzione dopo di una difficoltà psicologica.

Dunque se ami la perfezione della spontaneità ama anche l’imperfezione durante l’apprendimento.

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