Il Blue Monday ha fatto parlare dell’emozione più bistrattata: la tristezza

Ecco come è possibile gestire la tristezza

Blue Monday: il giorno più triste dell’anno.

Pare che sia proprio il terzo lunedì di gennaio: a stabilirlo fu, nei primi anni 2000, uno psicologo gallese dell’Università di Cardiff che, facendo dei complicati calcoli, stabilì che statisticamente il terzo lunedì di gennaio corrisponde al giorno più triste per molti.

Questo perchè sono passate le feste e quindi è il momento di rimboccarsi le maniche, perchè si sono spesi tanti soldi durante le vacanze di Natale, e per tante altre concause che contribuiscono a rendere questo giorno quello più triste dell’anno.

A parte le solite considerazioni sul fatto che le statistiche lasciano il tempo che trovano questa è una buona occasione per parlare di tristezza.

Tra tutte le emozioni è la più bistrattata: la rabbia ci permette di difenderci dai soprusi e di farci giustizia, il disgusto ci allontana dalle cose che non ci piacciono, la paura ci aiuta a difenderci dai pericoli, evitandoli, affrontandoli o prevenendoli, la gioia, infine, non ha bisogno di presentazioni.

Quest’ultima, nella società in cui viviamo, è fatta più apparire che di autenticità: se sei triste, sei out.

Eppure molti personaggi famosi hanno attraversato momenti di tristezza: la figlia di Totò racconta che spesso suo padre si rinchiudeva nella sua stanza e non voleva parlare con nessuno, e lei cercava di tirarlo su imitando i suoi famosi movimenti da burattino.

Premesso che vivere tutti i giorni accanto ad una persona triste, lamentosa, arrabbiata col mondo non è il massimo della vita, e premesso che non stiamo parlando della depressione – che è una condizione clinica in cui la tristezza pervade profondamente la vita dell’individuo condizionandone pesantemente le relazioni per un tempo molto lungo – vi parlo di “Date parola al dolore”, un libro di Luigi Cancrini, psichiatra, in cui l’autore incita ed esorta a condividere questa emozione in modo da farla fluire, a starsi vicino con compassione, per trovare conforto.

Vivere con una maschera, se da un lato fa apparire più sani e felici, dall’altro ci fa andare in direzione contraria a questa intenzione, minando profondamente la propria autostima, in quanto anche se la tua maschera riceve degli applausi tu sei profondamente consapevole che, se si sapesse come ti senti realmente, nessuno applaudirebbe.

Se proprio non ti va di condividere la tua emozione con gli altri puoi farlo con te stesso attraverso un diario: scrivere è un modo per mettere fuori dalla propria testa i propri pensieri, e spesso anche la propria emozione, cercando di oggettivizzarla e consapevolizzarla.

Voglio concludere con una nota di ottimismo: quando mi trovo in situazioni di difficoltà mi dico che l’unica cosa certa è che il tempo passa.

Rossella O’Hara ci ricorda che “domani, dopotutto, è un altro giorno“, Eduardo De Filippo che… “adda passà a’ nuttata“.

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